1988 INQUINAMENTO – IL CASO SOLCHIM

IL CASO SOLCHIM
9 dicembre 1988

Interessi privati e ambienti

Ultimamente in Gran Consiglio è stato accettato il messaggio che chiedeva un milione e cinquecentomila franchi per lo smaltimento dei rifiuti speciali provenienti dalla fallita Solchim SA di Cadro. Ci son voluti cinque anni perché si risolvesse questo caso di abuso della legge a discapito dell’ambiente. La Solchim ha iniziato la sua attività il 12.5.82 come ditta rigeneratrice per distillazione di solventi usati, consegnando poi i residui viscosi ad altre ditte specializzate. Dopo pochi mesi, la Solchim che aveva incominciato questa attività pensando di avere un buon guadagno finanziario (basti pensare ai buoni benefici delle ditte Svizzere tedesche), e non sicuramente per «scopi sociali», chiede allo Stato se può ampliare la sua struttura dichiarando anche che sta facendo esperimenti di bruciatura con forni speciali dei residui che avrebbero dovuto essere trattati da altre ditte. Lo Stato cosa risponde?
La presa di posizione del DOS del 12.12.84, ribadisce che gli scopi della ditta rimangono ancora quelli iniziali e condiziona l’utilizzazione del forno solo a completamento degli impianti con tutte le misure di sicurezza per la salvaguardia dell’ambiente. Intanto la ditta continua a…

accumulare fusti di rifiuti non trattati. Questa situazione porta a un primo richiamo da parte del Municipio di Cadro e del Dipartimento Ambiente. la Solchim si difende accusando l’autorità cantonale di indecisione nel definire le richieste tecniche per i forni e per la bruciatura dei rifiuti.
Che cosa è stata? La classica strategia dei responsabili del cantone che è “dire e non dire, fare e non fare”, perdendo il tempo che un’industria privata non può perdere? La ditta non rispettando gli accordi ha continuato ad ampliare la sua attività anche nei campi non autorizzati.
Estate 1985. Intimazione in 5 punti da parte dello Stato, dove si dice alla ditta di ritornare alla lavorazione iniziale entro il 31.12.85 (questo abuso intanto va avanti da tre anni). Gennaio 1986. Denuncia alla procura pubblica perché la ditta disperde abusivamente sul suo piazzale e quindi nel sottosuolo, soluzioni acquose parzialmente trattate. Marzo 1986. Altra denuncia e ordine del Dipartimento di sospendere tutte le attività illegali.
Ci sono voluti quasi quattro anni perché lo Stato, come autorità di vigilanza, cioè responsabile dell’ambiente e della salute della popolazione intervenisse un po’ energicamente, superando la barriera inviolabile della proprietà privata e della gestione privata dei mezzi di produzione. C’è voluto così tanto tempo per mettere gli interessi della popolazione al di sopra degli interessi privati di una ditta. Quest’ultima a questa intimazione fece ricorso, al quale, notate bene, il Consiglio di Stato non ha mai risposto. Nel gennaio 1987, siccome la Solchim dall’ultima intimazione sembrava fosse tornata nella legalità, lo Stato l’aiuta permettendole di accettare ancora nuovo materiale acquoso che dopo il trattamento fatto a Cadro dovrebbe venir trasportato al depuratore di Bellinzona. Per non fallire invece, la ditta il 26.6.86, cioè ben sei mesi prima, e il 10.2.87, aveva chiesto dei sussidi, e anche a questa richiesta non c’è mai stata nessuna risposta ufficiale. Perché se in quel momento la ditta rispettava la legge, non la si è aiutata con dei sussidi (che avrebbero potuto essere quel milione e 500 mila franchi votati ora) invece di dare il permesso nuovo per il trattamento di materiale acquoso? I sussidi potevano essere accordati a precise garanzie finanziarie (per es. stesura di un’assicurazione resp. civile) e ambientali. Se la situazione finanziaria invece era così disastrosa a causa della cattiva gestione, non sarebbe stato meglio nel rispetto dell’ambiente intervenire fermando la lavorazione dopo quattro anni di abusi illegali? La ditta è fallita il 16.12.87 lasciando in eredità alla comunità 1.500 tonnellate di rifiuti speciali racchiusi in bidoni senza nessun contrassegno. Per più di cinque anni la ditta ha continuato a comportarsi scorrettamente fuori e dentro la legge pur se “punzecchiata” ogni tanto dallo Stato.
Ora lo Stato con il fallimento “non ha avuto nessun’altra alternativa che occuparsi in prima persona dello smaltimento di questi rifiuti (Iegge federale) e questo è chiaro, però oltre a mettersi tra i creditori, lo Stato dovrebbe anche tentare il recupero dei soldi dimostrando che il danno cagionato è dovuto a un comportamento di violazione intenzionale o per negligenza dei compiti affidati alle persone incaricate dell’amministrazione, della gestione e deIla revisione della società (art. 754 del codice delle obbligazioni).
In tutti i casi questa brutta storia avrebbe richiesto un maggior impegno e decisione da parte di tutto il Consiglio di Stato in favore dell’ambiente e della salute, e un maggior intervento di critica e controllo da parte del Gran Consiglio per stabilire le responsabilità, che secondo me ci sono, del governo.

Bill Arigoni

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