1990 PATRIA – LA FESTA DELLA RETORICA

La festa della retorica

15.3.1990

Intervento fatto in Gran Consiglio in opposizione al credito per la celebrazione del 700° anniversario della Confederazione.

Cosa celebriamo? I 700 anni che ci hanno portati a questa Svizzera? Dello Stato schedatore che controlla una buona parte dei suoi cittadini e centinaia di migliaia di stranieri per le loro idee, solo perché questultime non rispettano o adorano l’unico punto di coesione della maggior parte degli svizzeri che è la cultura del consumo e dello spreco in nome dell’economia?

Festeggiamo la Svizzera che raccoglie i soldi di vari dittatori che hanno dissanguato interi popoli, e che raccoglie i soldi di tutti i traffici illegali, la Svizzera che non aiuta la lotta della maggioranza nera del Sudafrica e che per non rinunciare agli affari con i razzisti bianchi non attua sanzioni economiche. Festeggiamo la Svizzera che, dopo 700 anni, si trova con un aumento di nuovi poveri, con emarginati e con stranieri che vengono sfruttati fino all’osso.
La Svizzera, dove nessuno vuole centri per rifugiati, dimostrando così la “massima solidarietà”, e dove otto giovani che hanno fatto morire un lavoratore turco a pugni e calci ricevono come pena sei mesi con la condizionale e 30.000 franchi di multa. La Svizzera dove si imprigionano gli obiettori di coscienza, e dove lo strapotere delle banche, infischiandosene del diritto alla libertà di stampa e di pensiero, riesce a bloccare un libro come quello di Jean Ziegler, «La Svizzera lava più bianco». La Svizzera dove delle lavoratrici sotto pagate, per parlare della loro situazione in TV e non perdere il posto di lavoro, devono nascondersi e mascherare la voce.

Questa forse era l’occasione per chiederci, dopo 700 anni, chi siamo, cosa facciamo chiusi nel nostro parco alpino di nome Svizzera. Potevamo confrontare la nostra esperienza, senza nessuna “puzza sotto il naso” di superiorità verso altri paesi che ci circondano, in uno scambio di idee legate al pluralismo, alla democrazia e alla solidarietà.

Invece tutto nel messaggio e nel rapporto della Commissione della Gestione è farcito di retorica e non c’è nessuna riflessione seria sulla realtà, ed è per questo che io non voterò il credito. A conferma di quello che ho detto, basta leggere cosa si è scritto sulla famosa tenda.

Il Consiglio di Stato gli attribuisce un significato simbolico molto alto, di alto valore culturale, politico, storico e futuro. Anche noi sosteniamo la tenda proprio perché i suoi valori simbolici sono antitetici al tronfio e soddisfatto “elvetismo” del rapporto della Commissione della Gestione. La retorica del presente messaggio viene poi moltiplicata a dismisura sempre dal rapporto della Gestione che diventa così lo specchio reale di quel che saranno i festeggiamenti. Dal rapporto si legge: il Governo, le Camere federali, i Cantoni e tutta la popolazione intendono celebrare festosamente ma con raccoglimento questi primi 700 anni di vita del nostro Stato, un periodo di durata che non ha uguali in altre parti del mondo. La modestia di questa frase dimostra la scarsa dimestichezza con la storia di altri stati o popoli (Inghilterra, Francia, Cina, Giappone) e anche questo è un indice di come poco culturale sarà la ricorrenza.

Si potrebbero fare alcuni commenti sulle iniziative del nostro cantone. Perché bisogna aspettare un centenario per stringere relazioni di amicizia con altri cantoni e perché no con regioni e province estere, superando barriere e frontiere?

Come mai l’antologia giace da parecchi anni e aspetta di trovare l’occasione per essere messa a disposizione di tutti? Perché l’antologia che (pare) voleva documentare la storia delle nostre terre prima della conquista svizzera si vuole ora modificarla a fini patriottici? Perché al Ballemberg un edificio leventinese che rappresenta una porzione minima del Ticino? Forse rientra nello spirito nazionale della vecchia ideoloqia della razza alpina?

Signori, lasciamo perdere i festeggiamenti e riflettiamo sui problemi della nostra nazione!

Bill Arigoni

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