1988 SOLDI E CULTURA – Bertoli e le banche

Bertoli e le bancheBill Arigoni

Si macchiano dei crimini più bassi
per conservare il posto da sedere
le chiese il parlamento il sindacato
le banche e gli altri centri del potere
gli amici sai gli amici tante volte
mi dicono che sono un piantagrane
che parlo senza un poco di rispetto
che amo più gli oppressi o le puttane …

 

Queste parole fanno parte di una canzone del cantautore italiano, Pieranqelo Bertoli (“Così” ,n.d.r.), che attraverso le sue canzoni descrive dei quadri sull’emarginazione. Si è schierato da sempre contro tutti «i centri del potere» che schiacciano l’individuo e ne riducono la sua partecipazione democratica della vita e perciò è dalla parte di tutti gli emarginati e di chi cerca la libertà e il rispetto della propria dignità (<


salario e dei falsi che si fanno una carriera con certe prestazioni fuori orario… Bertoli ha cantato recentemente alla festa organizzata dall’Associazione Valmaggia Viva e come sempre c’è stata una buona partecipazione di gente che ha risposto con entusiasmo alle sollecitazioni dei testi delle sue canzoni. L’atmosfera era eccellente e carica di emozioni; sembravamo tutti d’accordo sui sentimenti e gli ideali che dalle casse del complesso si spandevano nell’aria.

Nella sala c’era una stonatura però.

Degli striscioni bene in evidenza ricordavano al pubblico chi era lo sponsor che permetteva a tutti noi di godere di quella serata. Lo sponsor era una banca.
Qualcuno ora dirà: ecco il solito puro che viene a farci la morale; io invece, non scrivo per questo ma perché una riflessione sulla “sponsorizzazione culturale” fatta dalle banche dovrebbe essere fatta da tutti quelli che cercano di portare tra la gente un discorso progressista.

Purtroppo la banca in Svizzera è un’istituzione quasi sacra e intoccabile, viviamo in funzione di lei. Guai a non ridurre le tasse che lei paga, non sarebbe più competitiva e perderemmo posti di lavoro e ricchezza per tutti. Guai a guardare nei suoi segreti, perderebbe credibilità con rischio per i posti di lavoro e perciò di ricchezza. Insomma la banca non si tocca, è la nuova mamma, la nuova «patria» da difendere; a lei diamo i nostri salari dà gestire, lei ci presta i soldi quando ci servono, con lei gestiamo i nostri soldi per la vecchiaia (II pilastro) diventando tutti dei piccoli agenti di borsa, lei ci dà i soldi per combattere le disdette selvagge, indebitandoci con ipoteche e legandoci «affettuosamente» a lei per anni. Con i suoi impiegati è dura però, ma è una mamma e come tale deve far loro conoscere la vita, e allora niente sindacati al suo interno, nessuna rappresentanza dei lavoratori, nessuna democrazia sul posto di lavoro, salari non alti, e in certi casi la possibilità di licenziare le donne che si sposano, perché potrebbero restare incinta: tutto questo vien fatto per il buon funzionamento e perciò per far rendere i soldi di tutti. E per far rendere i soldi di tutti si accettano perciò soldi sporchi e investimenti in sostegno del governo razzista sudafricano chiudendo gli occhi sui neri morti e sulle canzoni di Pierangelo Bertoli, tanto il suo look verrà salvato dai soldi regalati per la cultura.

Contro il feeling appiccicoso banca-popolazione ci sono delle persone che discutono e cercano di sensibilizzare la gente, in particolare ora, per spezzare il sostegno delle nostre banche al Sudafrica. Perciò trovare una banca, che per salvare la faccia, regala spiccioli e finanzia chi parla contro di lei, in una girandola indecente di finto pluralismo, mi urta tremendamente.

Nessuna chiarezza, tutto in questa società è mischiato in nome del pragmatismo e dei soldi. Chi fa cultura per sensibilizzare la popolazione e per una crescita democratica comune dovrebbe fare attenzione a queste scelte, i gruppi culturali dovrebbero discutere assieme nel coordinamento cantonale per trovare altre soluzioni per il recupero dei soldi che servono all’attività culturale (cooperative -Intervento statale -e se è possibile banche che chiaramente hanno una diversa gestione con scelte sociali non speculatrici).
Se non si fa una scelta seria ci si troverà nella stessa situazione delle vecchie lotte sindacali dove il padrone ti sfruttava fino all’osso ma poi, con il suo paternalismo, dandoti una pacca sulla spalla e chiedendoti come sta la famiglia, ti confondeva frenando la lotta.

Bill Arigoni

3 giugno 1988

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